Com'è morto il delfino Filippo

Dopo nove mesi ancora ignoti i risultati dell'autopsia. I manfredoniani vogliono le sue spoglie, attualmente a Bari e già richieste da numerosi altri musei italiani.

di Maria Teresa Valente - 30 aprile 2005

Clementina Aloè


Sono trascorsi quasi nove mesi dalla tragica scomparsa del delfino Filippo, eppure il leggendario cetaceo del Golfo di Manfredonia continua a far parlare di sé ed il suo ricordo è ben vivo nel cuore di quanti l’hanno amato. Anche le ricerche scientifiche non si sono fermate e studiosi da tutto il mondo proseguono l’analisi delle abitudini di questo animale che, contro le regole della propria specie, aveva scelto di condurre vita solitaria nelle acque sipontine.

Lo scorso 27 aprile addirittura una tesi di laurea su Filippo è stata discussa presso la facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Bari. La candidata barese Clementina Aloè, supportata dal relatore professore Angelo Quaranta, Fisiologo Veterinario, ha presentato un’analisi comparativa tra il repertorio di whistle (suoni emessi dai delfini, ndr) di un individuo solitario in ambiente naturale e di gruppi sociali in ambiente controllato. Ad essere preso in esame proprio il delfino solitario di Manfredonia.

Un lavoro interessante dal punto di vista scientifico, tanto che oltre al 110 e lode la candidata ha ricevuto una menzione di merito da parte del del preside della facoltà, prof. C. Buonavoglia. Ad aiutare la neodottoressa Clementina Aloè, il maggiore conoscitore ed estimatore di Filippo, il professor Giovanni Simone, che attualmente sta collaborando nche in altre quattro tesi sempre sul tursiope solitario.

Ed è proprio Giovanni Simone, componente dell’ex comitato a tutela del delfino Filippo, che racconta: “Sono ancora centinaia le email che mi giungono. Studiosi, ma anche semplici curiosi mi scrivono esprimendo il proprio rammarico per l’accaduto e chiedendo di conoscere l’esito degli esami autoptici eseguiti dal professor Nicola Zizzo sul corpo straziato del povero delfino Filippo”.

Dopo quasi un anno, quindi, sono ancora ignote le cause, probabilmente dolose, che hanno decretato la fine di una splendida favola nel Golfo sipontino. “A tutti rispondo ­ continua Simone - che l’esito delle indagini condotte dal magistrato Gabriella Tavano della Procura di Foggia non è ancora stato reso noto”.

Giovanni Simone lancia inoltre un allarme: “Giace ancora a Bari lo scheletro di Filippo e sono numerosi in Italia i musei che ne hanno fatto richiesta. L’ex assessore all’ambiente Giuseppe Guidone si era impegnato formalmente a recuperare le spoglie di Filippo ed a riportarle a Manfredonia. Spero che chi di competenza nella nuova amministrazione prenda a cuore questa faccenda, poiché riavere lo scheletro è importante sia dal punto di vista emotivo, dal momento che Filippo fa ormai parte della storia di Manfredonia, sia dal punto di vista scientifico, poiché lo scheletro è ancora oggetto di studi da parte degli esperti”.

Il professor Simone aggiunge, quindi, che lo scheletro sarebbe ospitato in una sezione dell'istituendo Museo del mare, che verrebbe quindi dedicata all'amato animale.

Fonte: manfredonia.net